Comprendere, comunicare, esplorare non si riduce certo solo a “dire”. Dire sul tema del benessere è importante, ma linguaggi diversi possono offrire “comprensioni” e comunicare in modo più immediato e profondo. “Poesie”, immagini, i toni del linguaggio parlato invece che scritto, musica ed in genere tutte le forme artistiche possono aiutarci nella ricerca.
Mentre aspetto i vostri contributi ci metto queste mie “cose”.
Non sono poesie, ma riflessioni in una forma scritta, libera da vincoli grammaticali, che mi ha permesso di “pensare” in modo più completo e di chiarirmi concetti intorno a cui giravo.
Le poesie non vanno spiegate, ma queste non lo sono quindi in seguito le commenterò per condividere meglio dove voglio andare a parare o quale “lampadina” sono riuscito ad accendere su dubbi o confusioni che avevo.
Navi
Piccole, grandi
Forti o veloci
Belle o brutte
Navi
Isolate o legate strette l’una all’altra
Ammassate in gruppi
Navi che rimangono indietro
O che scappano avanti
Navi nella tempesta
O ferme al sicuro nel porto
Ognuna diversa
Unica
Prima o poi
Sola
Prima o poi come tutte
Sembrerà scomparire nel mare
E’ Lui che le unisce davvero
Davvero le unisce
Toccandole tutte.
Come una nave
Che porta viandanti
E l’equipaggio
Che se ne cura
Sono sul mare
Sono del mare
Sono nave
Il mare mi culla
Il mare mi scuote
Mi camminano sopra
Mi stanno dentro
Qualcuno mi cura
Qualcuno mi vede
Conduco il viandante
Sono viandante
Voglio vedere
Sapere
Sentire
Curioso
Bambino
Ho bisogno
Ho paura e faccio festa
Col mare
L’equipaggio e’ per me
Sono equipaggio
Mi chiama il dovere
Curo la nave
I viandanti da servire
Mi portano vita
Li amo
Li odio
Controllo
Ho timore del mare
Sono della nave
Prima del capo
Sono capo al comando
Solo
Mi guadagno il rispetto
Tra viandanti che vogliono
E l’equipaggio che guarda
Ascolto
Sostengo
Divido
Decido
Conosco la nave
Non padrone ma guida
Il mare è un mistero
Sono mare
Senza parole
Nel sogno mi desto
Forte
Vecchio
Grande
Pulso
Soffio
Nutro
Sostengo la nave
Come una nave
Che porta viandanti
E l’equipaggio
Che se ne cura
Sono sul mare
Sono del mare
Dove vado?
A cercare altre navi?
A cercare altri mari?
Siamo sconosciuti gli uni agli altri.
Questo mi serve a non giudicarli
Senza lo specchio là c’è il mistero
Avanzo curioso per incontrarli
Svuotato lo specchio mi guardo davvero
Non so più chi io sia
Avanzo, dell’essenza curioso,
Cercando la via
O viceversa se preferisci.
Siamo sconosciuti a noi stessi
Questo mi serve a non giudicarmi
Senza gli specchi abbasso le armi
Mi osservo curioso cercando l’essenza
Caduti gli specchi anche l’altro è mistero
Avanzo, del suo mondo curioso,
convinto che al fondo non c’è differenza
Mi muovo nella vita del giorno,
un taxi nel traffico. Dove vado?
Con la mente che corre altre corse. Cosa sono?
Poi…… respiro. A volte “Divento” Respiro.
Allora, non più autista, mi trovo nel sedile di dietro,
Divento Viandante.
Osservo, vedo, ascolto: l’interno del taxi; là fuori, le cose da fare;
Me autista che, grato, condivide i suoi affanni.
Tutto si muove intorno a me mentre
Io. Sono. Qui. Adesso.
E’la vita a passarmi davanti.
Per coglierne un frutto non c’è che aspettare il momento in cui passa. Mentre l’attesa si compie, aspettare vivendo.
I brividi che sento in quel pezzo di Dalla
Quel momento in montagna in cui il tempo era fermo
Il peso sul cuore che ieri schiantava
Vorrei tanto
Che tu li vivessi con me
Come me
Provo a dire qualcosa
Poi spio dalla porta che chiusa rimane
Mi guardi?
Sei attento?
Mi capisci? Mi “senti”?
Vorrei tanto che entrassi
Nella casa che sono
In cui solo rimango
Per paura
Ascolti Dalla
Sei stato in montagna per ore
Ieri per strada la tua faccia era triste
Dici qualcosa, ma cosa?
Vorrei tanto
Sentire, sapere, dove sei, cosa vivi
La porta chiusa rimane
Ho paura e non chiedo, non busso
Sono solo
Fammi entrare
“Ogni cosa è illuminata”
dice un film.
La memoria illumina le cose
Come dire: le fa vivere
Come dire: le fa esistere
Ho succhiato il seno di mia madre
e non me ne ricordo
Ho mosso i miei primi passi
e non me ne ricordo
Tante cose
Respiri, occhiate, sorrisi, tristezze,
Vissute
che non ricordo.
Il solo pensiero mi angoscia
qualcosa di me ha paura
e subito cerca affannosamente
nei ripostigli
di illuminare a caso alcuni di quei
Respiri, occhiate, sorrisi, tristezze, momenti
“eccoli!” mi dice
“ce l’ho”
esistono.
Esisto.
Ma io so
che per uno che ricordo
milioni
non potrò
mai
ricordare
“Non sono esistiti?”
So che sono esistiti
“Sono morti?”
So che sono dentro quello che io sono
Quindi vivono
Tutto questo non basta alla mia angoscia
Come quando cerco di rassicurarla dalla paura della fine
“So che non ci sarà una fine ma una comunione”
E lei risponde
“tenetevela quest’altra vita
se non potrò ricordare
di essere IO”
Povera paura
Più di non esserci
teme di non ricordare
di non possedere
Aggrappata alla memoria per paura di perdersi .
Lascia andare. Nulla va perso se lo regali.
E’ un filo sempre teso Dentro
Una nota costante Nella mente
Di solito nascosta Non vista
Accuratamente evitata
Come una sete che Senza acqua
Conviene non sentire
Tutto
Quello che facciamo Sentiamo Pensiamo
Sembra inventato Ad arte
Per distrarci.
Seguire il filo,
Ascoltare la nota
In qualche modo fa male Snerva.
Prova a
Stare E basta
Senza libro o TV o musica
Seduto.
Vivere punto.
Allora la senti
Come un pungolo:
Il filo sempre teso
La nota costante
La sete senza acqua
No. Non Pungolo Struggente Richiamo