Il benessere che cerchiamo è “nonostante” gli aspetti negativi che fanno parte della vita.
Nell’uso comune la parola “benessere” viene associata a: star bene, agio economico, assenza di problemi fisici o di sofferenza, condizione sociale, divertimento ecc. Io voglio recuperare il senso più ampio e profondo che questo termine merita. Ho invertito i due termini per sottolinearlo.
BENESSERE VIENE DA ESSERE BENE, due parole impegnative.
Essere implica la propria esistenza, identità: io, io con gli altri, io che cambio, ma anche l’essere che non è “io” e quindi l’esistenza in generale, e tante altre cose.
Nella esistenza, nella vita, nel mio essere, nel mio essere con gli altri, nel mio essere che cresce, evolve e invecchia, la sofferenza c’è. I problemi esistono: dentro di me, nel rapporto con gli altri, nella mia evoluzione: limiti, fragilità, malattie, frustrazioni, ecc.
Dunque il “bene” deve prescindere da tutto questo. Deve esserci “nonostante” questo.
Con ciò già cadono le immagini “pubblicitarie” di questa parola che vogliono convincerci che il benessere sia nel non soffrire, non invecchiare, non avere incertezze o paure, nel possedere quello che vogliamo, ecc.
Bene (concetto sempre associato a buono) implica un giudizio di valore positivo. Possiamo applicarlo ai tre ambiti della esperienza umana: fare, pensare, sentire.
Quindi diventa: fare bene/buono; pensare bene/buono; sentire bene/buono.
Cosa è “bene/buono”? Inevitabilmente dobbiamo confrontarci con “valori”.
Competere, “vincere”, prevaricare, possedere, accumulare, ecc. Portano “bene/buono”? Per me no. Per questo sono disvalori. Non perché siano contro qualche comandamento, ma perché NON PORTANO AL BENESSERE. Cosa vive un uomo tutto concentrato nella scalata verso il successo? Sente bene/buono? Pensa bene/buono? Certamente potrà sentirsi eccitato, o forte, o al sicuro, adrenalina, ma non il BENESSERE che intende la Psicologia o lo Yoga. Cosa vive un uomo innamorato convinto di dovere questa felicità all’esistenza di una donna? Benessere? Il suo benessere è condizionato da qualcosa fuori di lui che “dà” la felicità, da cui dipende. Questo non significa che non sia bello e sano e gioioso essere innamorati o trovare soddisfazione in un successo o nel comprare un oggetto. Diventa disvalore quando il mio benessere, il senso della mia vita, dipende da queste cose, appartiene ad esse, non a me.
Se consideriamo questi allargamenti del termine capiamo subito quanto sia soggettivo e in continuo cambiamento il “Benessere”. Più un processo dinamico che uno stato: una ricerca.
Avrò modo altrove di chiarire il tema dei “valori” Psicologici (quello che è bene/buono dal punto di vista psicologico). Come spero ci dare spazio ai “valori” degli ambiti NON Psicologici in cui pure cercare Benessere.
LA PSICOLOGIA NELLA RICERCA DEL BENE ESSERE
Il “lavoro” Psicologico può essere utile nella ricerca del Benessere in molti modi.
Prima di tutto nel riconoscere ed elaborare la “sofferenza ulteriore” che viene dalle esperienze negative della nostra infanzia. Una sofferenza che non è nella realtà delle cose, ma nel nostro modo di vedere. Diversa da quella di cui parlavo prima.
Sofferenza e Sofferenza ulteriore
Questo lavoro permette la ricerca del benessere esercitando, liberando, “crescendo” in tre direzioni necessarie per la ricerca del benessere; tutt’altro che facili e scontate.
Chiarisco che la Psicologia non ha l’esclusiva per agire in queste direzioni.
C’è un’altra direzione per la ricerca del Benessere che non rientra nel campo psicologico: